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“Gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo l’uomo intelligente sa mangiare”  (J. A. Brillat-Savarin)

Il corpo umano, nel corso dei millenni, ha raggiunto uno stato evolutivo che gli ha permesso di sopravvivere al meglio nell’ ambiente in cui è nato originariamente. Ogni singola struttura ha avuto un processo di specializzazione biologica, dai denti alla bocca, dallo stomaco all’ intestino, al fine di essere adatto alla vita. Può, quindi, essere intuitivo pensare che una particolare sensibilità alimentare possa essere data da un alimento non consono alla nostra naturale fisiologia.

In questo contesto evolutivo, l’essere umano possiede un’ enorme capacità di adeguamento alle variazioni ambientali. Questa capacità è, però, soggettiva, e questo spiega perché lo è anche la sensibilità ad ogni composto alimentare che ingeriamo quotidianamente. Se introduciamo un elemento, questo interagirà in modo prepotente con il sistema digerente. Se quest’ultimo possiede un’ elevata sensibilità alla molecola ingerita, la struttura intestinale che maggiormente viene coinvolta nella sua elaborazione, sarà oggetto di una risposta organica. Questa interazione porterà a sintomatologie differenti, dal gonfiore al dolore, dalle difficoltà digestive alla stipsi. A sua volta, quel processo può diventare la causa primaria di un contesto disfunzionale di altre strutture, come avviene, per esempio, in molti casi di pubalgia con irritazione del comparto retto-adduttorio, o in molti casi di lombalgia o cervicalgia.

E’ possibile, quindi, valutare, con la palpazione, lo stato irritativo del comparto intestinale e quanto, questo, influenzi la sintomatologia presente, per poter agire, poi, su di esso, se necessario. In tal modo, non ci si concentrerà sul sintomo ma si andrà a spegnere la causa prima disfunzionale, permettendo un ripristino fisiologico delle funzionalità corporee e la risoluzione del sintomo stesso.

“Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene” (Virginia Woolf)

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